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Il monumento e la sua piazza
Giuseppe Pizzi


Tanto tempo fa, da studente, se mi affacciavo alle finestre del liceo Zucchi, la vista era quella raffigurata in una bella cartolina, presumibilmente degli anni 50 (foto 1 - l'angolazione è un po'
diversa, ma non di molto). Piazza Trento e Trieste appariva come un quadrilatero di ampie vie
attorno alla piramide erbosa che sorreggeva la massa di marmo e bronzo del monumento. Tale era (ed è tuttora) l'imponenza scultorea del monumento che la piazza ne veniva come sopraffatta. Non era la piazza a ospitare il monumento, era il monumento a spadroneggiare sulla piazza.
Da allora l'ho sempre vista e considerata così, più che una vera piazza, una vasta area
del centro cittadino occupata da una struttura monumentale, una rotatoria king size per la circolazione dei veicoli attorno a quella smisurata aiuola spartitraffico che è il monumento ai caduti.
L'aspetto di rotatoria viaria veniva però mitigato dall'apertura prospettica sull'area dei giardinetti, qui visibili in un'altra storica cartolina (foto 2), che in seguito sono stati sconsideratamente sacrificati alla costruzione del palazzone dell'Upim. Ne ha gravemente sofferto la piazza, e ancor di
più il monumento, il cui gruppo scultoreo sembra teso ad infrangersi contro la facciata vetrata e piastrellata dell'edificio.


La recente ristrutturazione, constatata l'impossibilità di trasferire il monumento ad altra sede cittadina, ha tentato di diminuirne l'impatto riducendo la piattaforma piramidale che gli fa da piedistallo (foto 3). La piazza qualcosa guadagna ma molto perde il monumento.
A vederlo adesso che è stato sforbiciato di più della metà, ci si rende conto di quanto fosse importante per l'equilibrio dell'intera composizione scultorea. Le rampe erbose, rese ripide e strette, appaiono incongrue rispetto sia al basamento di marmo che all'erta su cui si stagliano le figure dei combattenti e il superbo, retorico profilo ascensionale dell'intero complesso ne viene indebolito, rattrappito. “Non sarebbe la prima volta che, per metter mano al piedistallo, si rovina un monumento” era la preoccupazione che già nutrivo nel 2005, quando addirittura si progettava di eliminare del tutto il terrapieno e abbassare a terra il monumento (cfr. Traslazioni verticali).

Come se non bastasse, l'intervento di ristrutturazione infierisce su una delle rampe praticandovi un varco di ingresso al costituendo mausoleo (foto 4). Non solo è un vero e proprio sbrego nella continuità della parete inclinata la cui funzione è quella di accompagnare lo sguardo alla scultura bronzea, è anche un vano cieco, buio e disadorno che, nel suo aspetto attuale (si spera provvisorio), sembra l'androne d'accesso ad un albergo diurno, con l'aggiunta di una balconata panoramica sovrastante. Sappiano i liceali di oggi che il monumento che dalle finestre dello Zucchi si propone alla loro vista non è più quello che il suo autore aveva concepito e voluto, è solo una versione mutilata e sfigurata dell'originale.


Quanto alla nuova piazza, è certo molto meglio di prima ma non si può dire che susciti entusiasmo.
E' un luogo indefinibile, né di sosta né di passaggio, rovente d'estate e gelido d'inverno, una grande piattaforma leggermente inclinata e stranamente vuota, desolata (foto 5). Vi si sarebbe potuto ispirare De Chirico per una delle sue metafisiche Piazze.

De Chirico
De Chirico - Piazza d'Italia 1961

In qualunque ora del giorno, per non dire della sera, sono pochi i cittadini che per qualche motivo si spingono a calpestare la sua pavimentazione di pietra, i più, invece di attraversarla, la lambiscono, ci girano attorno, come se ne fossero intimiditi e respinti. Beh, diciamolo, perché vi si dovrebbero inoltrare? Per l'ombra di un albero, il ristoro di una fontana, il riposo su una panchina, i giornali in un'edicola, il riparo sotto un gazebo, una tettoia, le note di un piano o di un violino, tutte cose che l'ordine formale della piazza si guarda bene dall'offrire? Insomma, dopo che per molti anni è stata ignobilmente occupata da un parcheggio a cielo aperto, ora che è finalmente libera dall'ingombro delle auto, si ritrova decorosa ma ignorata e deserta, ideale per il pattinaggio più che per lo struscio. C'è solo da sperare che col tempo, chissà, si troverà il modo di animarla, di assegnarle una funzione e farla vivere. Tutto considerato, sarebbe forse il caso di restituirle il mercato, che è la sua funzione storica. Di giovedì perlomeno sarebbe frequentata, ma sembra che ci sia un impedimento, si dice che gli automezzi mercatali ne rovinerebbero il pregiato e delicato manto che la ricopre. Ma a chi è venuta la bella idea di pavimentarla in modo incompatibile con la sua destinazione naturale?

Giuseppe Pizzi

la piazza
foto G.Pizzi


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  30 settembre 2009